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Internet
costituisce una grande occasione che gli infermieri
non devono lasciarsi sfuggire. C'è la possibilità
di scambiarsi informazioni, di alimentare il
dibattito, di aumentare la velocità di diffusione
delle idee, di far conoscere la nostra professione al
grande pubblico, sfatando stereotipi e luoghi comuni.
Una delle prime ad aver intuito le grandi
potenzialità della Rete è stata Maria
Luisa Canna, un'infermiera di
Roma, che ha costruito, da sola, un sito interessante.
Brava Maria Luisa!

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Anche la stampa specializzata
riconosce che il ruolo degli infermieri, nell'Italia
contemporanea, diventa sempre più importante e
strategico per la buona gestione del servizio
sanitario nazionale. Per razionalizzare ed
ottimizzare gli interventi sanitari, diventerà
sempre più capillare la presenza dell'infermiere sul
territorio. Ha già preso il via, quindi, anche da
noi, l'assistenza infermieristica
ambulatoriale (ambulatory care nursing).
Tra le prestazioni che vengono fornite figurano
medicazioni, fleboclisi, prelievi ematici,
cateterismi vescicali, elettrocardiogrammi,
misurazioni dei parametri vitali, ma anche, bendaggi,
sorveglianza di ferite chirurgiche, stomie e ulcere
cutanee, rimozione di punti di sutura, anamnesi
infermieristica. Il modello è anglosassone: il generalist
nurse americano, l'infermiere di comunità che deve
rispondere in prima persona dei risultati raggiunti e
delle prestazioni erogate e il rural nurse
australiano. E' allo studio anche un appropriato
tariffario. Scrive Il Sole 24 Ore: Nel
processo di cambiamento dell'organizzazione sanitaria
orientata verso la personalizzazione delle cure, la
relazione di aiuto e di sostegno tecnico-relazionale
alla persona costituisce l'elemento centrale del
percorso assistenziale e l'infermiere rappresenta la
figura professionale con maggiore esperienza e
competenza per attuarla, avendo da tempo elaborato e
utilizzato propri modelli organizzativi e
assistenziali che consentono di valutare, individuare
e risolvere i bisogni di salute... L'infermiere ha
acquisito una maggiore consapevolezza del proprio
ruolo, caratterizzato da maggiore autonomia
decisionale e operativa.
Fonte: a cura di D'Innocenzo, Marinella.
"L'infermiere va sul territorio". Il
Sole 24 Ore Sanità, Anno III- n. 37 (26 sett. -
2 ott. 2000), p. 18
Per saperne di più sugli ambulatori infermieristici
si consulti il sito Asl
Roma B

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Tempo Medico,
la più prestigiosa rivista medica
italiana, dedica spazio agli infermieri e
segnatamente ad un importante strumento operativo:
la cartella infermieristica. Vi si
scrive: L'infermiere non è più un semplice
esecutore degli ordini del medico, ma è il
protagonista autonomo e responsabile del processo
assistenziale.
La cartella si struttura secondo le fasi principali
del processo di nursing:
1. raccolta dati
2. diagnosi infermieristica
3. formulazione piano assistenziale
4. attuazione
5. valutazione.
Numerose sono le schede che possono integrare la
cartella: parametri vitali, bilancio idrico, esami
diagnostici, medicazioni e drenaggi, terapia.
Nell'articolo si dedica spazio al concetto di diagnosi
infermieristica, tributando un giusto
riconoscimento al lavoro svolto dal NANDA ( North
American Nursing Diagnosis Association).
Trovo che l'implementazione della cartella
infermieristica, strumento ormai abbastanza diffuso,
ma che richiede tempo per la sua accurata
compilazione e continuo aggiornamento, abbia trovato
ostacolo nella carenza degli organici
infermieristici, spesso sottodimensionati, e nella cultura burocratica e talvolta immobilista delle
strutture sanitarie. In altri contesti, la cartella
infermieristica, compilata in modo rigoroso, deve
essere sempre presente nella documentazione del
paziente, a garanzia di un corretto processo
assistenziale. Inoltre penso sia particolarmente
importante, in tempi di ottimizzazione delle risorse
sanitarie e degli interventi assistenziali, che
l'infermiere dedichi tempo ed energie alla
puntigliosa valutazione dei risultati, come si fa nel
Nord America.
Fonte: Simoni, Anna. "La cartella
dell'infermiere". Tempo Medico, n.679,
11 ottobre 2000

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Qual è la percezione
sociale della professione infermieristica?
Come ci vedono gli altri, gli esperti, gli studiosi,
i commentatori accreditati? Sembrano in disaccordo
fra loro. Per Domenico De Masi (Il
futuro del lavoro) l'attività di infermiere è
faticosa e sgradevole, perché implica il contatto
quotidiano con la sofferenza. Per Edward Luttwak, si
tratta di una professione potenzialmente
gratificante. Scrive il politologo americano in La dittatura del capitalismo: Il
lavoro, con le sue soddisfazioni [può] virtualmente
colmare ogni carenza affettiva, o addirittura
tramutarla in una motivazione per lavorare ancora di
più [...], ma funziona soltanto per la
minoranza di persone per le quali è costantemente
eccitante, o profondamente motivante, una minoranza
che va dai piloti da corsa agli scienziati avvinti
dalle loro ricerche, dai miliardari sulla breccia
alle infermiere appassionate del loro mestiere.
E se il lavoro di infermiere fosse gravoso e
potenzialmente gratificante, nello stesso tempo?
(ottobre 2000)

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L'economia sanitaria,
in tempi di ottimizzazione e razionalizzazione dei
sistemi sanitari di tutto il mondo, è una disciplina
che riguarda sempre di più anche l'infermiere. La Pfizer ha preparato
un Cd-Rom, richiedibile gratuitamente al sito
internet, che costituisce un corso multimediale di
economia sanitaria (health economics). Mi
sembra una lodevole iniziativa, da segnalare.
(ottobre 2000)

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A intervalli regolari e ormai
sempre più ravvicinati si manifesta, nel nostro
Paese, la carenza di infermieri.
Riporto questa notizia del Corriere Lavoro nel
numero in edicola venerdì 22 giugno 2001 con il Corriere della Sera:
A lanciare l'allarme è la Federazione nazionale dei
Collegi Ipasvi, che dichiara che in Italia mancano
80-90 mila infermieri professionali.
Corriere Lavoro cerca anche di approfondire le
cause di questa emergenza nazionale.
Tra di esse vanno annoverati i bassi livelli di
retribuzione, la delicatezza delle mansioni, il
disagio dei turni di lavoro e il grosso investimento
che le persone devono fare per diventare infermieri
professionali: tre anni di studio di livello
universitario, che non trovano un adeguato e
complessivo rapporto accettabile in termini di
costi-benefici. Senza contare questioni di carattere
psicologico come il prestigio e la valutazione: pur
essendo un mestiere importante e critico, quella di
infermiere non è tra le attività più apprezzate
nella scala gerarchica delle professioni.
Difficile dire meglio. Intanto il nuovo
contratto degli infermieri, quello cosiddetto
"dei livelli", che conteneva elementi di
modernizzazione e di valorizzazione della figura
infermieristica, è stato bloccato dalla Corte dei
Conti, senza che la stampa nazionale dia rilievo alla
vicenda.
Allora è lecito chiedersi: le sorti dell'assistenza
infermieristica in Italia stanno veramente a cuore a
qualcuno?

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I servizi riservati agli anziani
in Italia non sono sempre quelli degni di un Paese
civile.
Forse ciò dipende da degrado culturale, forse da
altro (affarismo?).
Scrive Gramellini su La
Stampa:
L'inchiesta estiva dei Nas, resa nota ieri, ha
portato a galla una realtà da piano di sterminio.
1200 controlli, 669 reati, 488 persone denunciate, 4
case di riposo chiuse e 81 sospese.
Sono numeri da grande retata criminale, che aprono
uno squarcio su una delle più floride industrie del
futuro, quella dei parcheggi per anziani. In mezzo a
tante iniziative che mescolano al profitto un po' di
cuore, proliferano gli ospizi dei balordi, dove vanno
in scena vuote rappresentazioni a beneficio dei
parenti che pagano la retta. Ma appena quelli
risalgono in macchina, affiora un inferno di lenzuola
sporche, topi che ballano il rock nelle cucine e
maltrattamenti sadomaso.
Fonte: Massimo Gramellini. "Abbandonati a
pagamento". La Stampa, 8 settembre 2001
Eppure secondo me, il problema potrebbe essere
limitato, applicando precisi e moderni
standard quantitativi e qualitativi alle strutture
che ospitano gli anziani, in special modo a
quelle che si occupano di assistere persone non
autosufficienti, ed intensificando i controlli senza
inutili rigidità, ma anche senza ignobili e lassiste
tolleranze.

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Habemus papam.
Finalmente dopo lungo periplo, il 20 settembre 2001
è giunto all'approvazione e alla concreta attuazione
il cosiddetto "contratto dei
livelli".
Gli infermieri professionali passano dalla categoria
C a quella D.
Credo che la cosa vada salutata con prudente
entusiasmo.
Chi scrive lavora ormai da oltre 18 anni ed è la
prima promozione che riceve. Alla faccia dei giornali
e dei commentatori che titolavano ironicamente e
criticamente "Ricchi e promossi", alludendo
agli infermieri come a una categoria privilegiata del
pubblico impiego.
Ritengo sia giusto ricordare che, al contrario, gli
infermieri sono una delle categorie in Italia più
bistrattate.
Turni di lavoro che fanno a pugni con l'orologio
biologico; Natale, Pasqua e altre feste comandate
dedicate, in prima linea, all'assistenza delle
persone sofferenti; scioperi quasi mai; considerazione sociale prossima allo zero;
responsabilità tante con possibilità, sempre in
agguato, di compiere errori difficilmente
rimediabili; meriti riconosciuti nessuno; scolarità
spesso elevata; compiti che molti giudicano poco
attraenti.
Quando le cose vanno bene il merito è dei superiori
gerarchici, se vanno male del povero infermiere.
Dolore, malattia e morte sono le dimensioni con cui
quotidianamente ci si confronta.
Eppure sono tanti quelli che fanno molto più del
loro dovere. Lo testimonia il fatto che l'Oms colloca
il nostro tanto criticato SSN al secondo posto nel
mondo come qualità assistenziale e che il nostro
Paese è ai vertici della longevità.
Gli infermieri fanno il loro dovere in silenzio,
lavorando sovente in organizzazioni avare di
gratificazioni e non al passo con i tempi.
Il riconoscimento economico e di posizione che il
nuovo contratto sancisce non può essere che di
ulteriore sprone a quella larga fetta di operatori
che, con spirito di sacrificio ed elevato senso
civico cercano, malgrado tutto, di dare un senso al
proprio lavoro, nell'interesse personale dei malati e
generale del Paese.

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La "questione
infermieristica" raggiunge le prime pagine dei
quotidiani nazionali.
Mancano 40mila infermieri, lo Stato
"richiama" i pensionati titola il Corriere della Sera
del 27.10.2001.
Il ministro Sirchia, dunque, tramite decreto legge,
decide di richiamare in servizio coloro che,
pensionati da non più di cinque anni, fossero
intenzionati a riprendere il lavoro.
Inoltre si dà la possibilità agli infermieri di
trattenersi al lavoro oltre l'orario pattuito,
svolgendo attività libero professionale.
Sinceramente, secondo me, è difficile che
provvedimenti di questo tipo riescano a tamponare
efficacemente l'emergenza. Già De Lorenzo ci aveva
provato anni fa a richiamare i pensionati, mi pare
con scarsi riscontri.
Forse sarebbe più utile rivedere le risorse da
destinare alla sanità, già a livelli di molto
inferiori alla media europea (in Italia si è scesi
sotto il 6% del Pil).
Considero invece positivo il principio di introdurre
criteri di maggiore flessibilità nell'utilizzo degli
infermieri, naturalmente impedendo che flessibilità
diventi sinonimo di sfruttamento di personale già
largamente spremuto. D'altro canto penso sia finito
il tempo dell'orario di lavoro uguale per tutti; l'orario
di lavoro andrebbe personalizzato, perché diverse sono le esigenze, le energie, le
disponibilità di ogni singolo operatore.
Per intenderci, una mamma che a casa magari deve
accudire famiglia e figli è diversa da chi, al
contrario, non ha soverchi "obblighi"
familiari.
L'importante è che l'orario riconosca i bisogni di
ogni singolo e venga concordato nell'interesse di
entrambe le parti, non della sola azienda.
Inoltre le aziende dovrebbero assistere maggiormente
i propri dipendenti, fornendo, per esempio, servizi
aggiuntivi che facilitino lo svolgimento a tempo
pieno dell'attività lavorativa, per esempio
dotandosi di asili per i bambini.

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Interessante
sperimentazione della regione Friuli Venezia Giulia:
l'istituzione dell'"infermiere di
comunità".
Ha dichiarato Mario Corbatto, responsabile del
"distretto sanitario ovest" dell'Ass n. 5
Bassa Friulana: l'attivazione del progetto si
ripropone in particolare di evitare ricoveri
impropri, di facilitare le dimissioni dai reparti
ospedalieri, riducendo conseguentemente i periodi di
degenza e di evitare l'istituzionalizzazione dei
pazienti.
Quali sono le prestazioni garantite dall'infermiere
di comunità? Medicazioni, prelievi,
rilevazione dei parametri vitali, ma
anche educazione sanitaria.
L'infermiere svolgerà la sua attività in
ambulatorio, ma, se necessario, anche al domicilio
del paziente.
Un ulteriore passo avanti nell'autonomia e nella
valorizzazione della professione.
Fonte: Del Fabbro, Tiziana. "L'infermiere
professionale diventa "di comunità"".
Il Sole 24 Ore Sanità, Anno IV- n.
37 (27 nov. - 3 dic. 2001), p. 20

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Per la prima volta
un infermiere garantirà a un bambino gravemente
allergico di poter frequentare le lezioni a scuola,
in modo da intervenire in caso di improvvisa crisi:
lo ha stabilito il tribunale del lavoro di Roma.
Si sancisce, dunque, in via di principio, la
possibilità e, soprattutto, la necessità della
presenza di infermieri nelle scuole
per assistere bambini affetti da gravi problemi di
salute.
Aumenta l'importanza della figura dell'infermiere
nelle evolute società moderne.
Non più relegato a collaboratore del medico in
ospedale, la sua presenza è ormai indispensabile
dovunque, sul territorio, ci sia da lenire la
sofferenza e garantire migliori opportunità di vita
ai cittadini di qualsiasi età.
Fonte: "Largo all'infermiere a scuola per
assistere i bambini ammalati che vogliono studiare. Il
Sole 24 Ore Sanità, Anno V- n. 11 (19 -
25 mar. 2002), p. 13

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Lo avverto dalle facce perplesse
dei colleghi, dalle mezzi frasi pronunciate nella
cucinetta o alla macchinetta del caffè: l'aggiornamento
professionale per crediti (educazione medica
continua), voluto dal ministero, pur meritevole negli
obiettivi, genera nella pratica più che
perplessità, preoccupazione.
In quali orari si svolgerà e chi dovrà pagare?
Sì, perché per i medici sembra relativamente facile
assentarsi una settimana e partecipare a convegni e
aggiornamenti. Ma vi sfido a togliere per una
settimana un infermiere dall'organico di un'unità
operativa: disagi per pazienti e colleghi a non
finire.
E poi con la drammatica carenza d'organico che
obbliga ormai allo straordinario, spero non si
pretenda che gli infermieri rinuncino ai già scarsi
riposi settimanali per aggiornarsi? Col conseguente
definitivo addio ad uno straccio di vita privata.
E, per soprammercato, c'è già chi ventila chi i
costi graveranno sul borsellino, non proprio gonfio,
dell'infermiere. E al bilancio familiare del medesimo
chi provvede?
Già, perché così scrive il Sole-Sanità: Particolarmente
sottolineata la scarsa disponibilità di fondi per
contribuire ai costi che per ora gravano soprattutto
sulle tasche di medici, infermieri,
farmacisti, tecnici sanitari e veterinari, che
dovranno proseguire il proprio aggiornamento
professionale per tutta la propria vita lavorativa.
Della cosa se ne stanno opportunamente occupando i
vertici dell' IPASVI. Speriamo che la grana sia
risolta celermente, anche perché in aprile si
comincia.
Per saperne di più consultare il sito ECM
Fonte: "Lasciateci formare i formatori. Nuove
voci dal pianeta ECM: in pista gli infermieri". Il
Sole 24 Ore Sanità, Anno V- n. 12 (26
mar. - 1 apr. 2002), p. 22

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Laddove mancano gli
infermieri o il loro numero viene ridotto da
provvedimenti amministrativi, i più danneggiati
risultano i malati che finiscono col ricevere cure
assistenziali carenti. E' quanto afferma una ricerca
condotta su 800 ospedali statunitensi e riportata da L'Espresso
Dove lo staff è insufficiente i ricoverati
stanno decisamente peggio. Rimangono più a lungo in
ospedale, soprattutto perché la degenza si complica
con polmoniti, trombi alle vene, infezioni urinarie e
altri malanni, talvolta anche mortali, come lo shock
o i sanguinamenti dallo stomaco. Addirittura
sarebbero migliaia l'anno le vittime della scarsa
assistenza.
Alle medesime conclusioni è giunto uno studio
canadese.
"Gli infermieri sono gli occhi e le
orecchie dell'ospedale" dice
Jack Needleman, economista di Harvard e autore della
ricerca che ha analizzato il destino di 6 milioni di
pazienti. "Se qualcosa sta andando storto, sono
in grado di accorgersene prima che la situazione
precipiti".
E così conclude l'articolo Roberto Satolli, uno dei
massimi esperti in materia sanitaria del nostro
paese:
Bisognerebbe pagarli di più, questi preziosi
assistenti, e soprattutto riconoscere e gratificare
maggiormente un ruolo che è difficile, faticoso, di
responsabilità e competenza.
Chissà perché da noi ci si preoccupa soltanto dei
medici?
Fonte: Satolli R. "Emergenza infermieri" L'Espresso
04 - 07 - 2002

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Dopo il "medico di
famiglia", i cittadini italiani avranno
l'"infermiere di famiglia", una figura che
affiancherà il medico di base nell'assistenza
sanitaria, occupandosi di un'area geografica
circoscritta e consentendo al SSN un risparmio di
risorse.
Se ne è parlato al Congresso Nazionale IPASVI, che si tiene
in questi giorni (Roma, 19-20-21 settembre 2002).
L'infermiere di famiglia, ha
affermato Gennaro Rocco vicepresidente della
Federazione dei Collegi infermieristici, avrà come
compito di assistere i malati cronici, pazienti
appena dimessi dall'ospedale con necessità di
medicazioni oppure in dialisi peritoneale, neomamme
alle prese con problemi relativi all'allattamento e
alla cura del neonato.
Inoltre erogherà gratuitamente una serie di
prestazioni che vanno dalle medicazioni alle
iniezioni alla misurazione della pressione.
Fonte 24ORE
Sanità, 19-07-2002

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Libera
professione e sviluppo di
carriera come per i medici. E' questo
l'orientamento del ministro Gerolamo Sirchia circa la
naturale evoluzione della professione infermieristica
in Italia.
L'ospedale dovrebbe essere il primo imprenditore
della libera professione dei suoi dipendenti, ha affermato il ministro nel suo intervento all'annuale
Congresso Nazionale degli infermieri.
Prudenza sulle promesse del ministro da parte dei
vertici dell'IPASVI:
Chiediamo concretezza, ha dichiarato il
Presidente degli infermieri Annalisa Silvestro.
Fonte 24ORE
Sanità, 19-07-2002

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Non commento personalmente
questa proposta fatta in ambienti governativi (ma non
solo), accettabile, mi sembra, soltanto se con
"infermiere" si vuole indicare, con molta
approssimazione, qualsivoglia operatore sanitario non
medico, che intervenga nell'assistenza diretta del
malato.
Già ha risposto per le rime il presidente dei
Collegi IPASVI.
Riporto integralmente, invece, il commento di Massimo
Gramellini, giornalista de La
Stampa, che mi pare abbia colto il nocciolo della
questione:
"OGNI tanto salta su qualcuno, lultimo
è stato NapoSilvione, a dire che chi perde il posto
alla Fiat o altrove può sempre riciclarsi dentro una
divisa da infermiere. Neanche si trattasse di un
mestiere che sono in grado di fare tutti, come
lospite di Marzullo o il campione di un
sondaggio Datamedia. Linfermiere non è un
manovale della sanità, anche se spesso gli toccano
compiti imbarazzanti: pulire i pazienti e sopportare
certi primari. E sempre più un professionista
superspremuto e sottopagato, che studia tre anni a
tempo pieno e deve sapere di fisiologia, anatomia,
psicologia. Chi, se non lui, filtra la rabbia dei
malati e dei loro parenti verso la classe medica?
Dopo gli esami, gli tocca superare concorsi
durissimi, salvo ritrovarsi senza lavoro perché gli
ospedali a corto di denaro preferiscono assumere gli
extracomunitari con stipendi vergognosi. Frustrato,
vessato dai superiori (secondo una ricerca, è il
bersaglio preferito del «mobbing»), in trasloco
perenne da un reparto allaltro,
linfermiere dovrebbe ora anche digerire
lumiliazione di sentirsi trattato come un buono
a nulla che chiunque può sostituire. E una
condizione umiliante.
Ma lo è ancora di più quella di una classe
dirigente che è troppo ripiegata sui suoi piccoli
maneggi per trovare il tempo di aggiornarsi e, avendo
perso qualunque contatto con la realtà, affronta i
problemi del presente con un armamentario di luoghi
comuni del passato".
Fonte: Gramellini, M. "Il camice di tutti".
La Stampa 06-12-2002
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